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La Consulta apre ai single l’adozione internazionale

 La decisione: è la spia di una riforma del sistema che tarda ad arrivare

Lo scorso 21 marzo 2025 la Corte costituzionale ha reso una pronuncia da lungo attesa, dalla rilevanza considerevole, con la quale ha esteso l’istituto dell’adozione internazionale anche ai single, così compiendo un ulteriore passo nella direzione dell’ampliamento delle tutele riconosciute dall’ordinamento al minore che versi in uno stato di abbandono.

Più precisamente, la Consulta ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 29-bis co. 1 della l. n. 184/1983 nella parte in cui non riconosce alle «persone singole» (è questa la scelta terminologica dei Giudici), la possibilità di adottare un minore straniero residente all’estero. Lo ha fatto sulla scorta del rilevato contrasto tra la normativa citata ed il parametro costituzionale rappresentato dagli artt. 2 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU, norma che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e personale.

Chiariscono i Giudici come la norma convenzionale, seppur non implichi l’esistenza di un assoluto ed indiscriminato “diritto alla genitorialità”, in ogni caso impone al legislatore di operare il giusto bilanciamento tra l’esigenza di perseguire il miglior interesse del minore e la libertà di autodeterminazione di coloro che intendano divenire genitori. Questa aspirazione, infatti, non può che coniugarsi con il supremo interesse del minore, principio cardine attorno al quale è costruito l’intero complesso normativo in materia di adozioni. Tale principio, prosegue la Corte, si traduce nel far sì che il sistema nel suo complesso possa garantireall’adottando un ambiente stabile ed armonioso nel quale possa essere accolto. Ne consegue come il bilanciamento richiesto al legislatore debba tradursi in scelte proporzionate e ragionevoli rispetto all’obiettivo da conseguire, tali da non compromettere irrimediabilmente le aspirazioni di coloro che si dichiarano disponibili ad accogliere un minore nel proprio nucleo familiare.

L’ingerenza statuale, rappresentata in questo contesto dalla limitazione all’accesso all’adozione internazionale per le persone singole, è stata ritenuta dai Giudici non necessaria né tantomeno proporzionata, specialmente se rapportata alla finalità solidaristica dell’istituto, nonché alla radicale diminuzione delle domande di adozione riscontrate negli ultimi anni. La Costituzione, infatti, non esclude la famiglia “monogenitoriale”, tanto è vero che la Corte ha dimostrato, nel corso degli anni, un’apertura sempre più ampia verso tutti quei modelli familiari che si discostano dal dato tradizionale. Lo conferma la sentenza n. 68/2025 , resa in tempi ancora più recenti, con la quale la Corte ha consentito il riconoscimento del rapporto di filiazione in favore di due donne, le quali abbiano intrapreso all’estero un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), con conseguente registrazione all’anagrafe del minore come figlio di entrambe le madri.

Uno sguardo al sistema

Nel mondo attuale, le relazioni familiari assumono una conformazione ben diversa da quella che si presentava agli occhi del legislatore degli anni Ottanta, periodo a cui risale la normativa italiana sulle adozioni. Nel frattempo, la realtà è cambiata: ad oggi emergono esigenze, questioni e dinamiche che, ai tempi dell’emanazione della legge n. 184/1983, non erano neppure immaginabili. È così che lo schema normativo originario, seppur abbia subito svariate modifiche, è divenuto inidoneo a fornire risposta alle più basilari istanze di tutela manifestate dalla coscienza collettiva.

Negli oltre quarant’anni di vigenza della normativa, l’incessante opera della giurisprudenza ha contribuito a modificare il volto delle adozioni. Un cambiamento che, assistito dall’intervento riparatore della Consulta, era divenuto necessario in ragione della perdurante inerzia del legislatore.

Ad oggi, il sistema delle adozioni nazionali ed internazionali versa in un profondo stato di crisi. Nel corso della sua vigenza, la l. n. 184 ha assistito ad un susseguirsi di riforme che hanno contribuito a ridefinire la fisionomia del diritto di famiglia. Si pensi alle modifiche legislative del biennio 2012 – 2013, con cui si è definitivamente consolidato il principio dell’unicità dello stato di figlio, così portando a compimento un percorso iniziato nell’ormai lontano 1975, anno in cui è stata approvata la prima grande riforma del sistema. Risale a qualche anno prima, invece, l’introduzione della normativa in materia di procreazione medicalmente assistita (approvata con l. n. 40/2004). O ancora, più di recente è entrata in vigore la l. n. 76/2016, recante la disciplina delle unioni civili e delle convivenze. L’impressione è che l’assetto delle adozioni non sia stato sufficientemente adeguato al mutato contesto ordinamentale. Il non più moderno schema normativo, posto di fronte a modifiche di così rilevante entità, mostra oggi tutte le sue crepe.

Un nuovo concetto di filiazione

Tali avvicendamenti normativi appaiono accomunati dal medesimo filo conduttore, individuato dalla dottrina nello spostamento del baricentro attorno al quale ruota l’istituto familiare. Se in passato, infatti, il matrimonio si poneva a fondamento della famiglia, oggi esso viene piuttosto sostituito dalla filiazione, cui viene affidata quell’indissolubilità che, in origine, era ricondotta all’unione coniugale.

Una filiazione che, tuttavia, sembra allontanarsi dal dato tradizionale. L’impiego della gestazione per altri testimonia la preponderanza di un legame di fatto sulla verità biologica, alla luce di un inedito favor affectionis. Temi quali la genitorialità intenzionale o quella sociale, ove l’elemento naturalistico sfuma in favore di quello volontaristico, godono di sempre maggiore considerazione. Seppure la surrogazione di maternità rappresenti, nel nostro ordinamento, una pratica penalmente sanzionata, ciò non esclude che la stessa possa trovarsi a dover essere presa in considerazione: cresce infatti esponenzialmente il numero delle coppie che decide di recarsi all’estero, negli ordinamenti in cui la pratica è consentita, e che successivamente rientra in Italia, ove richiede (ed ottiene, grazie all’intervento della Giurisprudenza) il riconoscimento del rapporto di filiazione con il nato all’esito di tale percorso procreativo. In passato, il fenomeno procreativo rappresentava un evento non sempre voluto o programmato. Nel mondo attuale, invece, la prole costituisce il frutto di una libera scelta nella realizzazione della quale la medicina e il diritto competono con il sesso. Pertanto, si conviene come risulti quantomai opportuno convogliare le risorse nella direzione di una più approfondita riflessione in merito ai temi menzionati.

L’adozione, sia nazionale che internazionale, rappresenta una forma di filiazione sociale, essendo costituita tramite l’ausilio dell’intervento pubblico. Da istituto a scopo assistenziale, ha assunto una dimensione quasi privatistica, in risposta al desiderio di divenire genitori avvertito da chi non può avere figli propri. Questo dato, rappresentato dall’aspirazione alla genitorialità, accomuna l’adozione alla p.m.a., dando adito ad un fenomeno, quello della reciproca concorrenza tra le due, dalle cui implicazioni in futuro non sarà possibile prescindere.

Conclusioni

Per concludere, non di rado si sente parlare di crisi del modello normativo e se ne attende la riforma. Al netto delle considerazioni sopra esposte, la speranza è che la decisione in commento rappresenti un’ulteriore spinta nella direzione di una revisione, ormai da lungo attesa, del sistema adozionale nel suo complesso.

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A cura della Dott.sa Silvia Pozzi