Sempre più imprenditori e manager chiedono: “Serve davvero adottare un Modello 231? Non è solo burocrazia?”.
La domanda è legittima. Il D. Lgs. 231/2001 non è un argomento semplice e, a prima vista, sembra qualcosa che riguarda solo grandi aziende o particolari settori di attività. In realtà, impatta su tutte le imprese perché introduce un principio fondamentale: l’ente può essere chiamato a rispondere direttamente per illeciti commessi da una persona fisica legata a quest’ultimo da un rapporto qualificato:
i) se l’illecito è commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente;
ii) se l’illecito rientra nel catalogo dei reati presupposto espressamente previsto dagli artt. 24 e ss. del D. Lgs. 231/2001;
iii) se sussiste una colpa in organizzazione dell’ente.
Le conseguenze? Sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza. Si tratta di sanzioni che, in casi estremi, possono comportare la paralisi dell’ente.
Il legislatore ha però previsto una forma di tutela per l’ente, il quale può andare esente da responsabilità.
Ma andiamo con ordine.
Cos’è il D. Lgs. 231/2001? Il Decreto Legislativo 231/2001, intitolato “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, di fatto ha introdotto la responsabilità dell’ente, distinta e autonoma rispetto alla responsabilità della persona fisica che ha commesso l’illecito.
L’obiettivo consiste nel creare una condizione esimente dalla responsabilità per l’ente, nel caso in cui uno o più reati presupposto dovessero essere commessi da soggetti apicali o da soggetti sottoposti alla vigilanza e direzione, quando la commissione dell’illecito derivi dalla inosservanza di obblighi di vigilanza.
Quindi a cosa serve il Modello 231? In concreto, il Modello di organizzazione, gestione e controllo è un insieme di regole, procedure e strumenti interni che un Ente adotta per prevenire la commissione dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001 (i c.d. “reati presupposto”).
Si tratta di un sistema operativo e pratico, il quale deve essere creato e redatto in modo da poter essere calato nella realtà aziendale. È un documento che comprende l’analisi delle aree di attività a rischio, la creazione di procedure e protocolli volti a ridurre i rischi, la nomina di un Organismo di Vigilanza indipendente, il quale ha il compito di controllare l’efficace attuazione del modello, e prevede altresì la specifica formazione dei dipendenti.
Quali sono i c.d. “reati presupposto”? L’elenco dei reati presupposto è in costante aggiornamento e, ad oggi, comprende: reati contro la Pubblica Amministrazione, reati societari, reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, reati ambientali, reati di riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, reati informatici e cyber crime, reati tributari, reati di criminalità organizzata e terrorismo.
Quindi serve davvero il Modello 231? Spesso l’adozione del Modello 231 viene vissuto come un obbligo. In realtà, i benefici derivanti dall’adozione del modello sono concreti e tangibili, in quanto si tratta di un vero e proprio strumento di governance che consente di organizzare meglio i processi societari, individuare e gestire i rischi, rafforzare la credibilità verso partner, clienti e istituzioni. A ciò si aggiunga che sempre più bandi e gare pubbliche richiedono espressamente l’adozione del Modello. Ciò comporta che aver adottato un Modello 231 significa anche poter partecipare ai bandi e alle gare di appalto pubbliche e quindi essere competitivi.
Oltre ai benefici sopra elencati, è importante sapere che le aziende che adottano un Modello 231 efficace e che implementano misure di prevenzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro possono accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa INAIL.
Si tratta di un incentivo che premia le aziende virtuose.
Possiamo quindi affermare che adottare il Modello 231 non è solo un modo per mettersi al riparo da possibili responsabilità, ma è una vera e propria scelta di trasparenza, responsabilità e sostenibilità.
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A cura di Avv. Camilla Mangioni